26 dicembre 2019

Della Banalita' del Male


Caro Diario
In quest’ultimo periodo, osservando i tanti fatti di straordinaria violenza diventare ordinaria, le scelte delle nazioni che ci portano verso la catastrofe della guerra,  gli orrori ambientali che portano l'inferno in Terra, continuo a riflettere sulle radici del "Male". Nella dialettica corrente il concetto di male e' abolito, sembra  questi eventi accadano senza un perché. Non ci siano piu' delle “spiegazioni”.



Cerco di trovarla, questa spiegazione, cogitando e ripensando al problema del Male, con l'aiuto del pensiero dei tanti grandi uomini (e donne!) che si sono espressi a proposito. Dopo aver esaminato Goethe ho ritrovato  “la banalità del male” di Hannah Arendt. Libro letto tempo fa, che ho ripreso negli ultimi tempi per riflettere su alcuni aspetti della questione.
La Arendt, nata ad Hannover da origini ebraiche, è stata un’intellettuale di grande rilievo.Ha avuto una vita ricca e travagliata,  non solo di studi e letture ma anche di incontri determinanti. Nel 1961  seguì le tappe del processo Eichmann, il criminale nazista che era stato tra i responsabili dell’ufficio competente sugli affari riguardanti gli ebrei; Eichmann aveva fatto carriera fino a diventare tenente-colonnello svolgendo una mansione determinante per l'Olocausto: era il coordinatore dell’organizzazione dei trasferimenti degli ebrei e del loro relativo smistamento nei campi di concentramento e di sterminio.
Venne catturato in Argentina nel 1960 e portato a Gerusalemme per essere processato, in un processo giuridicamente piuttosto dubbio. Giunto in tribunale, piuttosto che ammettere di essere un "malvagio che gioiva nello sterminio altrui" come nei film,  affermò in sua difesa che, in fin dei conti, si era occupato “soltanto di trasporti”.
Il resoconto completo di questo processo e le considerazioni conclusive sono contenute nel libro. L'autrice espone le sue riflessioni, che la hanno condotta a maturate e a evolvere le sue idee precedenti: Eichmann le appare come un uomo “mediocre”, che non è neppure in grado di distinguere tra bene e male.
 Dal dibattimento in aula, infatti, la Arendt ricaverà l'idea che il dolore perpetrato da Eichmann - come dalla maggior parte dei tedeschi che si resero corresponsabili - fosse dovuto non a un'indole maligna, radicata nell'anima, come aveva sostenuto in precedenza nel suo "Le origini del totalitarismo", quanto piuttosto a una completa inconsapevolezza di cosa significassero le proprie azioni. O forse, come abbiamo visto attraverso il Faust, alla volonta' di chiudere gli occhi e di evitare ogni responsabilita'.

il “Male” non ha di per sé profondità

le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso”. Da ciò la Arendt trae la sua conclusione della banalità del male: il “Male” non ha di per sé profondità. 
Nel momento in cui si conferisce al Male profondita'. gli si da un potere che deve essere schiacciato da una forza opposta e uguale. E spesso nel processo la "forza del Bene" finisce per commettere atrocita' uguali (se non peggiori)  al suo nemico.
La stessa autrice si rese conto che questa spiegazione contraddiceva molte delle moderne teorie del male, che propongono come movente delle azioni malvagie la psicopatia, o il vantaggio personale, o la sete di potere o l’egoismo quando non la semplice "ignoranza".
Eichmann appare all'autrice come un uomo meschino, incapace di pensiero critico, il quale agiva secondo una precisa e cieca obbedienza alle leggi e in rispetto agli ordini che gli venivano dati. Il Nazista  non è  l’unico: tutti gli burocrati seguono queste regole. Proprio dietro questa drammatica normalità l’autrice scopre la banalità del male. Questa propensione alla normalità permette che azioni come quelle compiute dai nazisti, che somo cosi' innaturali che possiamo considerarle inumane,  si possano ritrovare in un qualunque uomo comune, fra quei cittadini qualsiasi che non riflettono sul contenuto della legge. Colui che segue alla lettera incondizionatamente, senza riflessioni di sorta il costrutto sociale e' il mattone per costruire l'inferno fondato sulla banalità' del Male.
Esso è ignaro della differenza tra il rispetto della legge e il rispetto di quei principi che la ispiravano.
La propaganda di regime ci illude che il nazismo sia stata un eccezione da cui la "democrazia liberale" ci rende immuni.
I valori etici fondati sulle consuetudini di una società, e dunque relativi ad essa, possono cambiare ed essere rimpiazzate da nuove norme.
Quindi se durante il nazismo, ce ne sono stati tanti di Eichmann , tutti “terribilmente normali”, cosa ci impedisce di diventare come lui? E se gia' lo fossimo divenuti, cosa possiamo fare?

Combattere il Male: la Via del Guerriero


Nel libro la Arendt si chiede se la facoltà di pensare possa evitare le azioni malvagie, essendo teoricamente connessa con la capacità di distinguere tra giusto e sbagliato, con la facoltà di giudizio e le connesse conseguenze morali. A noi non sembra. I nazisti non erano incapaci di pensiero, anzi fecero brillanti progressi scientifici. No, erano privi di qualcosa di diverso.
 Eichmann mancava di quello che nella Via del Guerriero Spirituale chiamiamo Discernimento e Distacco.
Come mai alcuni non aderiscono al regime attuale nonostante la pressione sociale?  Possono Discernimento e Distacco permetterci di non commettere il male? La risposta che l’autrice dà è, a mio avviso, molto significativa: coloro che si oppongono alle convenzioni sociali,  sono quelli che vengono “giudicati da se stessi” piuttosto che curarsi del giudizio sociale. Costoro  agiscono così non perché hanno dei valori morali migliori rispetto ad altri o perché il tribunale della loro coscienza sa perfettamente cosa sia giusto o sbagliato, ma perché riflettono e si chiedono se saranno capaci di “vivere in pace con loro stessi dopo aver commesso certe azioni”.  Questa non nasce dalla facoltà di "pensare", non bisogna essere colti o intelligentissimi, semplicemente basterebbe riflettere il  Sé, un osservare sé stessi che di cui Socrate parlava.
Socrate, infatti, riteneva che il il discernimento porta alla “discriminazione” fra cio' che e' se e cio' che non e' altro che illusione.
In un altro trattato Hannah Arendt ha affermato che “banalità significa senza radici”, la sua opinione è che “il male non è mai “radicale”, soltanto estremo,  che non possegga  profondità epistemologica. Certo esso può invadere e devastare tutto il mondo, in quanto cresce in superficie, come un fungo.
Questa forza del non-essere necessita di  di nutrimento, in quanto e' affamata di ... esistenza.
il Male sfida la Consapevolezza, in quanto quest'ultima si sforza continuamente di raggiungere la profondità, di trovare la  Radice...
Solo l'Essere ha profondità e può essere integrale”.
Pensando  alle parole di Hannah Arendt, mi è venuta in mente la Regola dell'Ordine del Sole,   a proposito della "Tenebra", leggiamo che
La Tenebra ovvero il Male sono solo assenza del principio luminoso. Non godono pertanto di esistenza metafisica propria”. 
Credo che sia un parallelo tra il pensiero della Arendt e la Regola. La strada della Luce, che passa tra l’Onore ed il Cuore, è stretta e difficile e non è affatto “Banale”, essa e' “Profonda”.
La Luce è il Principio ontologico dell’essere”, come recita la Regola ; più ci si allontana dalla Luce e più ci si avvicina alla possibilità del Vuoto Metafisico, che produce il Male.

Sant’Agostino: Il Male e' come la Cecita'

Anche Sant’Agostino conferma questa idea, si era occupato del problema del Male manifestando il suo pensiero già prima della conversione. Nell'ottavo libro delle Confessioni,   sostiene che esista una gerarchia dell'Essere, che va dal Sommo Bene, cioè Dio, alle forme corporee. Nel mondo sensibile il livello dell'essere è presente in forma debole ed imperfetta, eppure le entità che operano in questo piano  non sono di per sé malvagie.
Per Sant’Agostino, come nella Regola, il Male non è altro che assenza di Bene, non-essere. Si può paragonare allo stato di cecità rispetto alla vista.Per il Padre della Chiesa il “male metafisico” non esisteva di per sé. Le azioni malvagie avvengono quando si sposta l'attenzione dalla contemplazione dell'Essere, che è eterno, ad un obbiettivi limitati e temporale, che vengono scambiati per il Sommo Bene, amati e desiderati... Fino a passare al prossimo di essi.

Il Guerriero spirituale percorre la dura strada del Discernimento e del Distacco verso la Luce. Combatte due Guerre contemporaneamente cercando di raggiungere il perfezionamento interiore. Combattiamo con noi stessi per superare i nostri limiti e le nostre debolezze, perché vogliamo raggiungere il GiuSTo equilibrio. In questo senso, la nostra Via presuppone la profondità e non certo la banalità.

Giustizia Dinamica


Dissentiamo quindi dalla Arendt, che trova nel ragionamento la cura al male.  Come disse il Gran Maestro, la mente è nemica della Guerra Santa, a meno che non la dominiamo Attraverso la Cosapevolezza. Questo e' l'unico mezzo per distaccarci dalle cose e quindi discernerle. 
Ma se il Male non ha profondità o esistenza metafisica, in che maniera lo possiamo discernere?
Non e' possibile definire il Non-essere se non per mancanza. Il male e' quindi visibile attraverso lo squilibrio che genera.
Il quinto punto del Codice viene spiegato cosi' nella Regola:
Giustizia: Un paladino del Sole non sta sul picco della montagna ignorando le sofferenze del Mondo. Egli combatte attivamente gli squilibri nella politica, nell'economia, nella religione. Soprattutto combatte quelli al suo interno.” 
Ciò significa che essere chiamati ad intervenire attivamente quando vediamo  squilibri di varia natura, piuttosto che obbedire ciecamente a qualsiasi norma dettata sul momento dalla società.
La lotta contro lo squilibrio di ieri
Non è facile agire secondo questo modello di Giustizia Dinamica, ma il guerriero tende verso questo Principio come meglio puo' e  davanti alle al non essere e' pronto a dire con Gandalf: "
You Shall Not PassChe piu' correttamente sarebbe
Non Plus Ultra!!!