11 agosto 2015

Per un ecologia dell'Anima: Cabala e Filosofia

Caro Diario,
Ti piace la bella figliola? Si chiama Sofia.
Se la spiritualitá esoterica fosse come Facebook per accedere a una certa corrente basterebbe dichiarare che "mi piace". Per fortuna le cose non stanno cosí. Anzi, la Cabala piú ti piace e meno la comprendi, meno la comprendi e meno la pratichi, meno la pratichi e meglio é per tutti: un sacco di tempo da dedicare ai social media. Il che lascia il tuo nero pennuto insieme a quei pochi che intendono esplorare qualche idea temeraria. Esploriamo dunque.
Nella terza puntata di questa  serie abbiamo detto che due sistemi filosofici hanno dato risposte al problema animico: Cabala e Vedanta. Ci occuperemo ora del primo dei due sistemi, sviscerandone i legami con l'ermetismo, la filosofia e la religione occidentale.
Ricordandoci che lo sviscerare era un attivitá dei sacerdoti che cercavano di prevedere il futuro.

le origini

Si è generalmente concordi nell’ attribuire l’origine della filosofia a Talete, l’autore Greco che per primo si studia nei manuali di filosofia e che è famoso tra i matematici per i suoi teoremi sulle rette parallele o sul diametro che divide in due la circonferenza.
In realtà la questione è parecchio più complessa perché, oltre che non esserci alcuna certezza sull'attribuzione delle opere di Talete, non possiamo pensare che la tradizione Filosofica greca sia iniziata dal nulla, ma non abbiamo tracce concrete di manifestazioni di pensiero filosofico (in senso canonico) prima dello stesso Talete.
A tal proposito Giovanni Reale considera la Filosofia una creazione meramente occidentale, negando con energia ogni possibile influenza da parte dell’Oriente e financo dell’ Egitto, cosa che stupisce considerando la pesante influenza della cultura Egiziana sul Mediterraneo.
In realtà la sua affermazione ha senso se non si scava nell’ambito meramente ideologico, ma si ci sofferma su quello metodologico della questione.
Infatti, se un forte slancio verso le speculazioni del “logos”(il raziocinio caratterizzante l’approccio culturale greco) venne dato dal nascere della religione Orfica (da Orfeo il poeta della Tracia), dalle culture Egiziana e Caldaia, oltre gli stimoli religiosi, la Grecia ricevette molte nozioni di matematica e astronomia.
In breve, se la filosofia, metodologicamente intesa, nasce in Grecia, gli spunti e gli strumenti culturali vi sono importati, in parte dall'oriente, ma soprattutto proprio dall’Egitto, dove nel frattempo crescevano due fenomeni di indiscutibile importanza: la Tradizione Ermetica e quella Cabalistica.

Ermete & Mosé

Ermete consegna la Legge agli egiziani
Purtroppo, sebbene filologicamente si sia abbastanza concordi nel collocarle geograficamente, la storia di Ermetismo e Cabala scivola nel mito.
Le origini del primo risalgono ad Ermete trismegisto.
Egli viene designato come colui che diede le leggi agli egiziani, mentre Mosè, colui a cui viene attribuita la patria potestà della Cabala, viene considerato il legislatore degli Ebrei.
A tal proposito è parecchio suggestivo il mosaico posto sul pavimento del duomo di Siena dove è istoriato Ermete nell’atto di consegnare la legge agli egiziani, mentre un vecchio con un codice in mano sul lato sinistro dell’opera è stato riconosciuto come Mosè.
Se nella nostra ricerca di rapporti tra Filosofia e Cabala inseriamo anche l’Ermetismo e, sebbene di sfuggita, abbiamo citato Orfeo, questo è dovuto al fatto che nei secoli le cose si confondono e si sovrappongono, per cui, avendo tradizione ermetica e tradizione cabalistica già di loro notevoli punti di contatto, nell’immaginario dei secoli scorsi sono talvolta sostituiti l’uno all’altro o presi in blocco nelle ricerche filologiche.
La datazione di Ermete e Mosè è una delle questioni più controverse della storia: Ermete viene collocato due generazioni prima di Mosè, Mosè due generazioni prima di Ermete, i due sono contemporanei, l’uno discepolo dell’altro, parenti, la stessa persona.
Ermete viene talvolta anche considerato il padre della teologia antica:
Egli è detto il primo autore di teologia: gli successe Orfeo, secondo fra i teologi dell’antichità; Aglaofemo, che era stato iniziato all’ insegnamento sacro da Orfeo, ebbe come successore in teologia Pitagora, di cui fu discepolo Filolao, il maestro del nostro divino Platone”(Ficino - Pimander).
Lattanzio, Cicerone e Sant’Agostino, i nomi più famosi tra coloro che hanno dedicato parte della loro opera alle ricerche su Ermetismo e Tradizione Giudaica, hanno pesantemente influenzato la ricerca filologica venendo ripresi da Ficino che per primo tradusse il Corpus Hermeticum e da tutta la scuola rinascimentale che delineò le caratteristiche della filologia, la nuova scienza che ha caratterizzato il Rinascimento.
Oggi sappiamo che la datazione del Corpus Hermeticum è del II secolo D.C. mentre gli Inni Orfici del III, per cui dovrebbe crollare la tesi che vuole Pitagora e Platone figli dell’influenza Ermetico-Cabalistica, ma d’altro canto sia il Corpus che gli Inni sono raccolte, non opere sistematiche, e non è ancora possibile datarne i trattati interni, senza contare che essi potrebbero essere stati tradotti o parafrasati successivamente, mentre sia Platone che Pitagora hanno avuto contatti con la civiltà Egiziana.
Insomma, sul problema sappiamo molto ma non abbastanza.
Certo è che a parte le oscure origini, la tradizione Filosofica, quella Ermetica e quella Cabalistica si sono profondamente influenzate a vicenda, a volte direttamente a volte in modo indiretto.

Il Lavoro di Sholem: Filone il Mistico

tra Dio e il mondo Filone colloca molte potenze che svolgono funzione di intermediari: Tiphereth
Probabilmente è per i problemi elencati sopra che Gershom Scholem inizia la sua trattazione sull’evoluzione storica della Cabala da Filone d’Alessandria.
Secondo Scholem, Filone non è un filosofo greco in vesti ebraiche, ma un mistico che sfrutta gli strumenti mistici greci per spiegare la fede d’Israele.
In effetti, accanto all’importanza attribuitagli dalla storia della Cabala, è indiscutibile quella attribuitagli dalla storia della Filosofia.
Egli infatti è il primo filosofo che approcci le sacre scritture, in particolare il cosiddetto Pentateuco, attribuito a Mosè, cercando all’interno di esse i significati reconditi, con metodo esegetico e dividendo l’opera in lettera e spirito: accanto, anzi dentro, il significato letterale si cela quello riposto secondo il quale i personaggi e gli eventi biblici sono simboli di concetti e di verità morali, spirituali e metafisiche.
Proprio per questo approccio alla Bibbia egli viene considerato il precursore della “Patristica”, che si fonda fondamentalmente sulla reinterpretazione dei Filosofi greci alla luce del messaggio Divino diffuso dal Cristo e dai profeti e, viceversa, sulla interpretazione delle sacre scritture con gli strumenti intellettuali tramandati dalla fertile elaborazione filosofica greca.
Gli scritti di Mosè che Filone definisce “tesoriere e custode dei misteri dell’ essere” sono a suo avviso la fonte alla quale gli stessi filosofi greci hanno attinto le loro dottrine.
La ricerca teoretica di questo pensatore si esplica quasi tutta nel rapporto tra Dio, Logos e Potenza: tra Dio e il mondo Filone colloca molte potenze che svolgono funzione di intermediari. Poiché Dio non è finito le sue manifestazioni sono innumerevoli, ma se ne distinguono le più importanti, tra le quali sono la potenza creatrice e la Potenza regale con le quali il creatore genera e governa l’universo e soprattutto il Logos, temine mutuato dai greci, che viene definito il “primogenito” o l’ “immagine” di Dio. Non risulta del tutto chiaro se il Logos sia considerato un entità increata o creata da Dio stesso, e Filone lo indica a volte come la fonte delle altre potenze, a volte come il centro unificante di esse.
Penso di poter azzardare l’ ipotesi che il Logos rappresenti il Tiphareth del cosmo filoniano.

La Gnosi

 NOVE Ordini: Dominazioni, Virtù, Potestà sono la gerarchia del Sole 
Il termine Gnosi alla lettera vuol dire conoscenza, ma è divenuto tecnico per indicare quella particolare forma di conoscenza mistica che fu propria di alcune correnti religioso-filosofiche del tardo paganesimo e di alcune sette eretiche ispiratesi al cristianesimo.
In realtà si possono far convergere alla Gnosi anche le dottrine ermetiche e gli Oracoli Caldaici, ma soprattutto c’è una gnosi giudaica che cammina parallelamente a quella cristiana.
Gli gnostici dividono gli uomini in tre categorie: pneumatici, psichici e ilici.
Nei primi predomina lo spirito, nei secondi l’anima, nei terzi la materia, secondo una divisione che deve molto alla filosofia classica, ma con alcune peculiarità: ai primi, infatti, corrispondono coloro che hanno assicurata la salvezza dell’ anima perché in possesso della “Gnosi”, ai secondi la possibilità di salvezza, a patto che seguano la direzione dei primi, agli ultimi la distruzione.
Gli gnostici cristiani identificavano gli ilici con i filosofi che, in perenne discordia tra loro cercavano vanamente la verità, gli psichici con i profeti Ebrei che vennero messi dal “demiurgo” sulla retta via ma che non riuscirono a percorrerla e con i pneumatici cristiani, unici depositari della vera conoscenza.
Le qualità di Dio vengono, inoltre, definite dai cristiani Eoni, e Cristo sarebbe l’ultimo Eone.
Caratteristico della Gnosi cristiana è inoltre il dualismo che contrappone Dio ad un “Demiurgo cattivo che ha creato questo mondo infausto” e che sembra essere stato assorbito anche da comunità giudaiche transgiordane e babilonesi.
A proposito di Filone abbiamo accennato alla Patristica, fenomeno culturale di rilievo che prende il nome dal fatto che per la capacità di mediare “Fede e Ragione” e per l’influenza che ebbero sia nella sistematizzazione della dottrina cristiana nel loro tempo e della elaborazione della filosofia cristiana a posteriori(soprattutto dalla scolastica) gli appartenenti a tale corrente vengono definiti “Padri della Chiesa”.
Tale fenomeno ha due matrici culturali, una di stampo greco, che ha influenzato il pensiero diffuso nella parte orientale dell’impero romano e ha contribuito allo splendore della civiltà dell’impero bizantino, l’altra di stampo latino che, salvo alcune rilevanti eccezioni, si è perlopiù dedicata a problemi di natura meramente teologica che non filosofica vera e propria.
In Grecia visse San Dionigil’Aeropagita e, sembra, anche lo pseudo-Dionigi, come viene chiamato l’ autore delle Gerarchie celesti accettate da Tommaso d’Aquino e da tutti i dottori della Chiesa, citate da Dante e divenute parte integrante della teologia cristiana ortodossa.
San Dionigi è colui che incontrò San Paolo ad Atene, per cui l’attribuzione dell’opera sulle Gerarchie, seppur errata, ha coperto quest’ ultima di un alone di santità che è stato sfruttato tanto da Marsilio Ficino quanto da Pico della Mirandola per congiungere rispettivamente Ermetismo e Cabala con la dottrina cristiana.
Le Gerarchie celesti, scritte verso il V secolo, sono un trattato di forte influenza neoplatonica che colloca i nove ordini di angeli in tre triadi ciascuna delle quali rappresenta una persona della trinità:
Serafini, Cherubini, Troni: la gerarchia del padre 
Dominazioni, Virtù, Potestà: la gerarchia del sole 
Principati, Arcangeli, Angeli: la gerarchia dello spirito.

Fin qui siamo andati ben oltre le origini, ma con nessuna ambizione di completezza, di qui in poi vengono argomenti che vanno trattati a parte.

La tarda antichità

Plotino e l'VNV



I 4 Arcangeli schiacciano il Demone

Abbiamo visto sopra come la filosofia dei primi secoli dopo Cristo si sia indirizzata verso un orientamento fondamentalmente neoplatonico di cui partecipa anche la Patristica.
Forte slancio a tale corrente fu dato dalla scuola di Alessandria, tra II e III secolo, dove Ammonio Sacca fu il maestro di Plotino.
Plotino conosce benissimo gli scritti di Platone, ma non disdegna neppure opere aristoteliche o stoiche ed ha una spiccata passione per i principi della magia seppur non la pratichi.
Quello che più lo colpisce della magia è il concetto di “simpatia”, ovvero, quell’aggregazione all’interno del tutto, che oltre che rendere il mondo meraviglioso nell’insieme(molte delle sue parti singolarmente prese sono deprecabili), lo rende compartecipatile conoscendone i rapporti di reciprocità interni.
È il concetto della magia naturale di origine Ermetica, ripresa dagli stoici e studiata a fondo da Marsilio Ficino che tentò di applicarla all’ arte dei talismani. Per Plotino, però, ciò comporta che ogni agire nel mondo comporta anche un subire, solo nell’unità una cosa è realmente se stessa.
Egli usa l’espressione “sortilegio del Mondo” per indicare la catena di influssi che vengono esercitati tra le varie parti della natura e aggiunge che nella prassi dell’uomo pratico non vi è libertà dall’implicazione nelle cose che lo circondano.
Solo nella “Teoria”, la contemplazione, vi è il ritorno all’unità che rende l’uomo invulnerabile al sortilegio dell’altro da sé.
(Invano- racconta Porfirio – Olimpio di Alessandria aveva tentato di attirare su Plotino l’influenza degli astri).
Qui sorge il problema di capire cos’è l’unità e il primo passo è distinguere l’Uno da ogni cosa che è riconducibile a un uno.
Vi è l’Uno inscindibile e impredicabile che possiamo chiamare Dio in quanto da venerare, vi sono i molti che seppur riconducibili ad unità derivano dall’Uno primordiale che ha generato il mondo (i molti appunto).
L’Uno, traboccante perfezione, come il sole irradia i suoi raggi, così emana la sostanza (sub-stanzia o ipostasi) su cui prende forma il creato; via via che ci si allontana dall’emanazione originale avviene un processo di degradazione, di perdita di perfezione fino a giungere agli strati più densi della materia (Malkuth).
A questo punto possiamo riprendere il discorso sul ritorno all’unità che si carica di misticismo.
L’uomo compartecipa dei vari livelli dell’emanazione, dall’intelletto (seconda ipostasi) alla materia e con la contemplazione può percorrere il cammino dialettico che lo conduce all’estasi (letteralmente: l’uscire di sé) del ricongiungimento all’Uno.
Secondo Porfirio, Plotino raggiunse l’estasi quattro volte.
La sua filosofia è quindi il mezzo supremo per giungere all’unione mistica, egli esclude l’esistenza di una mistica pre-filosofica, al contrario l’unione mistica non sostituisce, ma corona l’attività filosofica.

Ermete Trismegisto profeta e preparatore dell’avvento di Cristo?

Sempre di impronta mistica furono anche le correnti Ermetica e Orfica cui abbiamo accennato sopra, le correnti cui, abbiamo detto, vanno attribuite tra II e III secolo la composizione del Corpus Hermeticum e degli Inni Orfici, ma anche dell’Asclepius, trattato morale rifacentesi in molti punti alla genesi biblica.
Queste opere hanno la particolarità di essere scritte quasi tutte in forma dialogica tra il Maestro che dialetticamente, talvolta in modo molto simile alla maieutica socratica, sprona l’allievo verso il superamento della conoscenza dei sensi, e l’allievo che alla fine del cammino dialettico raggiunge un’illuminazione mistica che gli rivela le verità del mondo.
Abbiamo anche già accennato al fatto che queste correnti hanno molto coinvolto l’interesse di personaggi illustri della storia della filosofia.
Tra questi spicca Lattanzio che colse a piene mani le suggestioni ermetiche iniziando quella tradizione che vuole Ermete Trismegisto profeta e preparatore dell’avvento di Cristo.
Lattanzio fa infatti parte dell’ampia corrente della Patristica, cerca continuamente conferme e relazioni tra il nous e Dio, tra il Logos e Cristo, e gli scritti ermetici si rivelano fonte insperata con la loro presunta antichità e il loro tono sacrale.
Il Signore e Creatore di tutte le cose, che abbiamo a buon diritto chiamato Dio, dopo che ebbe creato il secondo Dio, visibile e sensibile…Dopo averlo, dunque, creato per primo, solo e unico, questi Gli apparve bello e ricolmo di ogni bene; allora Egli lo santificò e lo amò in tutto come suo figlio”(Asclepius, La parola perfetta).

Agostino vs. Ermete

Ermete viene dunque presentato come scrittore antico e illuminato, nonché primo tra i prischi teologi.
Diverso è l’approccio all’ermetismo del più grande esponente della patristica e di uno dei filosofi più grandi della storia, Sant’Agostino.
Se il mago rinascimentale era confortato dagli scritti di Lattanzio nell’approcciare il culto e la magia egiziana, Agostino presentava delle difficoltà per un lettore del genere, poiché nel De civitate Dei pronuncia una vera condanna contro ciò che “Ermete l’Egiziano, detto Trismegisto” aveva scritto intorno agli idoli, cioè contro il brano dell’Asclepius, citato per intero da Agostino, sul modo in cui gli Egiziani, nelle loro pratiche di magia religiosa, animavano magicamente le statue degli dei, infondendovi lo spirito.
Agostino gli riconosce senz’altro virtù profetiche, tuttavia crede che la conoscenza del futuro avvento del cristianesimo non gli venga da illuminazione divina, ma dai demoni da lui venerati.
Ermete presagisce queste cose in quanto alleato del diavolo, e, pur dissimulando l’evidenza del nome cristiano, predice, con accento addolorato, che da esso proverrà la distruzione di tutte le loro idolatriche superstizioni. Ermete era infatti uno di coloro che(come dice l’apostolo), [pur conoscendo Dio, né lo glorificano come tale, né Gli si mostrano grati], ma nutrivano fallaci fantasie e avevano, come sciocchi, il cuore pieno di oscurità...”(De civitate Dei).

Quindi posizione sostanzialmente antitetica, rispetto a Lattanzio, quella di questo grande filosofo che dimostra di avere grande conoscenza della tradizione sia ermetica che mosaica, e che in un altro passo del De civitate Dei torna a parlare di Ermete, stavolta in un contesto del tutto diverso:

E pensi tu in cosa consiste la loro[degli Egiziani] grande sapienza?In verità in nient’altro che nell’astronomia e in altre scienze che sembravano servire più ad esercitare l’ingegno che ad elevare la conoscenza. Infatti, per quanto concerne la morale, essa non prese vigore in Egitto che al tempo di Trismegisto, il quale visse molto prima dei saggi e dei filosofi greci ma dopo Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe ed anche Mosè; ché nel tempo in cui nacque Mosè viveva Atlante, un grande astronomo, fratello di Prometeo, ed egli era nonno, da parte di madre, di Mercurio il Vecchio che generò il padre di questo Trismegisto”.

Qui, abbiamo visto, viene sollevata la questione cronologica relativa a Mosè ed Ermete cui abbiamo fatto cenno anche sopra, ma che negli studi di Agostino si colora dell’importanza di discernere chi ha preso da chi essendo il Pimander (ricordiamo è il primo scritto del Corpus Hermeticum) e la Genesi sorprendentemente affini.

il problema del male

Parlare di Sant’Agostino solo in contrapposizione a Lattanzio, o comunque solo relativamente agli studi di cui sopra è però eccessivamente riduttivo. Egli è stato un uomo di cultura eccezionale e se quello che abbiamo detto di sopra ci dà idea della sua formazione, dobbiamo, seppur brevemente, dire altro su di lui, sulle conoscenze acquisite durante la sua vita e sulla sua produzione filosofica.
Nato nel 354 in Africa venne in contatto con la civiltà eterogenea di Cartagine dove studiò retorica e venne in contatto con la religione Manichea, religione dualistica nella quale confluivano elementi persiani ma soprattutto gnostici, anche di gnosi cristiana. Poi, nel 384, si recò in Italia dove, a Milano, si convertì al cristianesimo grazie anche all’influenza di Sant’Ambrogio. Quindi visse un anno a Roma e ritornò in Africa nel 388 dove si dedicò ai suoi studi e alle sue fecondissime riflessioni.
Tra le opere di questo periodo spiccano, relativamente alla contesa di cui abbiamo parlato sopra, le opere scritte in polemica sull’interpretazione della Genesi.
Ma Sant’Agostino è anche grande conoscitore della filosofia classica: Platone, Plotino e neoplatonici in particolare, ma anche Stoicismo, grazie, tra l’altro, alle letture giovanili dell’Ortensio di Cicerone.
Proprio dallo studio di Cicerone nasce l’interesse per uno dei problemi fondamentali che il filosofo africano si pone: il problema del male e del suo statuto ontologico: il male non esiste in sé; esso esiste solo come mancanza di bene, ovvero tutto è bene finché rimane nel parametro della creazione che è equilibrata, avendo il nostro Dio fatto “tutte le cose buone assai”(passo della genesi citato nelle Confessioni).
in te il male non esiste affatto, e non solo in te, ma neppure in tutto il creato, fuori del quale non esiste niente che possa irrompere e corrompere l’ordine che vi hai imposto. Tra le parti poi del creato, alcune ve ne sono, che, per non essere in accordo con alcune altre, sono giudicate cattive, mentre con altre si accordano, e perciò sono buone, e buone sono in se stesse”(Confessioni, VII).
In contrasto aperto con la religione manichea il nostro non crede al male come entità separata dal mondo, come principio primordiale e antagonista della forza creatrice di Dio, ma in posizioni simili a quelle di Plotino e Platone crede nella bontà incontestabile del tutto che è talvolta celato nella visuale che dà di sé la parte.
Da questa soluzione teoretica del problema del male, il filosofo ricava la soluzione al problema del male morale: il problema sta nella Volontà.
Il male non sta nelle cose in sé, ma in come la volontà si relaziona ad essa, nel fatto che rivolge l’uomo verso cose con cui non è in accordo, possiamo dire, come avviene tra gli altri elementi della natura nel passo delle confessioni sopra citato.

uomo come “microcosmo”

Altra conquista di Sant’Agostino è la visione unitaria dell’uomo come “microcosmo”. A differenza della tradizione platonica (Plotino in particolare) lui non vede il corpo come “vano simulacro”, ma esalta l’importanza di tutto il creato, visibile e invisibile, e sostiene fermamente che il creato sia tutto riscontrabile nell’uomo che deve diventare oggetto di studio perché unico strumento per accedere ai misteri della creazione.
Con spirito mistico il filosofo deve cercare dentro di sé la realtà del creato:
Non andare fuori di te, ritorna in te stesso. La verità dimora nell’uomo interiore. E se scoprirai che la tua natura è mutevole, trascendi anche te stesso. Ma ricorda, quando trascendi te stesso, tu trascendi l’anima razionale. Tendi pertanto là donde s’accende il lume stesso della ragione”(La vera religione).

Questi sono tutti concetti che ritroveremo più volte nella storia. Pico della Mirandola, quando tenterà di istituire la Cabala cristiana non potrà fare a meno degli scritti di Agostino, e, d’altro canto è innegabile l’affinità tra alcuni dei concetti della Cabala, della tradizione Ermetica e di questo padre della chiesa.

Sefer Yetzirah


Abbiamo anche visto come la sua prima formazione sia avvenuta in ambiente manicheo, forte influenza gnostica quindi, oltre che platonica e stoica, così come lo scritto che, redatto tra III e V secolo, rappresentò la prima stesura sistematica dei principi della Cabala e a tutt’oggi ne è considerato lo scritto basilare: il SeferYetzirah (Libro della Creazione).
Il tema centrale del Sefer Yetzirah è uno stringato discorso sulla cosmologia e la cosmogonia, eccezionale per il suo carattere chiaramente mistico.
Il forte legame tra il libro e le speculazioni ebraiche sulla sapienza divina è evidente fin dall’inizio, con la dichiarazione che Dio creò il mondo per mezzo di 32 vie segrete della sapienza. Queste 32 vie, definite come “dieci Sefirot beli mah” e le “22 lettere elementari” dell’alfabeto ebraico, sono presentate come le fondamenta dell’intera creazione. L’autore pone in risalto, seppur ambiguamente, il carattere mistico delle Sefiroth, descrivendole e disegnandone l’ordine gerarchico. Almeno le prime quattro emanano l’una dall’altra, e questo è il motivo per cui, a posteriori, si fa riferimento al testo per la teoria dell’emanazione. Dalla prima Sefirah promana, mediante condensazione, uno Spirito da un altro, ovvero: prima è l’elemento primordiale dell’aria, e da esso, procedendo l’una dall’altra, acqua e fuoco.

Dall’aria primordiale Dio creò le 22 lettere; dalle acque primordiali il caos cosmico, e dal fuoco primordiale il Trono di Gloria.